SAMURAI ULTRAS IMPERIA

 

STORIA DELL' EBOLITANA

 

L'Ebolitana, in D sotto la guida degli Ultrà, provoca i divi tv del Cervia.

Rispetto al Cervia, questa è tutta un’altra storia. Di uguale al Cervia ci sono solo la categoria di appartenenza e il risultato finale. Il resto è tutto da raccontare. Perché a inizio stagione l’Ebolitana non aveva nulla, neppure la sede sociale. Spariti tutti, presidente e giocatori, erano rimasti solo gli ultras. In pochi giorni raccolsero con una colletta i 7.800 euro necessari per l’iscrizione e poi continuarono da soli. Quasi tutti ex diffidati, teste calde della curva, si inventarono dalla notte al giorno dirigenti di società. Una pazzia, dite? Non proprio. Domenica l’Ebolitana, proprio come il ricchissimo Cervia, ha conquistato la promozione in serie D. E persino la coppa Disciplina. Non c’è niente di logico in tutto quello che vi stiamo raccontando. Pensate che nello staff c’è anche un ispettore di polizia, Giuseppe Fabbiano. Fino a qualche tempo prima dava la caccia a quelli con i quali oggi ha costruito il miracolo Ebolitana. E del suo presidente dice: “era molto bravo a organizzare il tifo della curva e per noi rappresentava un problema, ora si è trasformato in un perfetto manager. Sa coordinare il lavoro di tutti ed è sempre al posto giusto nel momento giusto”. Lui, Armando Cicalese, che da quindici anni guida l’ambulanza dell’Asl, non rinnega il suo passato. Mentre ti parla delle future strategie societarie, indica con orgoglio il cavalcavia teatro anni fa di una sassaiola con gli ultrà della Battipagliese, rivale dell’ Ebolitana. E va fiero soprattutto di una cosa. “Al punto 1 del nostro statuto c’è l’obbligo per i giocatori di salutare sempre i tifosi a fine partita, comunque sia andata. Una sola volta si dimenticarono di farlo, allora ruppi a calci la porta dello spogliatoio e li presi a parolacce”. C’è molto della mentalità ultrà in questi ragazzi, eccessivi in tutto, eppure hanno dimostrato di saper fare meglio di tanti professionisti del settore. Sono persino riusciti a trovare uno sponsor il Campolongo Hospital, il resto è arrivato dagli incassi e dalla cartellonistica pubblicitaria dello splendido stadio Dirceu, dedicato al grande calciatore brasiliano che negli anni ‘90 chiuse qui la carriera prima di morire in un incidente stradale in Messico. E poi sono gli amici che aiutano come possono. Chi ha il ristorante fa mangiare gratis i calciatori, chi è meccanico ripara auto, chi lavora all’ospedale si preoccupa delle visite mediche. E i giocatori? Tutti contattati uno ad uno dagli ultras-dirigenti, mica da direttori sportivi o procuratori. Non manca lo straniero, si chiama Theodoro, viene dal Brasile ma qui tutti lo chiamano Gegè. Vive da professionista, abita in paese con la sorella in un appartamento pagato dalla società, i dirigenti gli hanno pure procurato una punto seminuova, a rischio tutte le domeniche. “Tutti travolti da un'esperienza elettrizzante, diciamo pure sconvolgente” confessa Aniello Martone, 23 anni, talentuoso esterno di centrocampo con passato nell'Avellino e nel Benevento. E' un romanzo anche la vita dell’allenatore Egidio Pirozzi, ex attaccante di serie B e C. Originario di Eboli, nella squadra del paese non aveva mai giocato, anzi, da avversario è venuto più volte a segnare gol pesanti. ”Una volta -ricorda Marco Forlenza, di professione tipografo e direttore generale del club- gli facemmo trovare a mo’ di avvertimento perfino una cassa da morto col suo nome”. Oggi deve rendere conto ai rivali di una volta e siccome l’Ebolitana non ha una sede sociale le riunioni si svolgono nella Opel Vectra Blu di Cicalese, l’unico presidente d’Italia che non ha l'autista, ma fa l’autista. E quanto guadagna il mister? 500 euro è il massimo che possono dargli. Eppure un cruccio quelli dell’Ebolitana ce l’hanno. ”Nessuno che sia venuto a offrirci il suo aiuto. Noi ci sentiamo di passaggio, pronti a farci da parte se busserà alle porte un investitore serio, in grado di garantirci una squadra che possa lottare subito per la promozione in serie C2. Altrimenti andiamo avanti così”. Qualche tentativo l’hanno fatto. “Il nostro compaesano Caso, quando era allenatore della Lazio, ci mandò una decina di palloni. Abbiamo scritto anche a Moratti perché molti di noi sono tifosi anche dell’Inter. Nessuna risposta. Per rimpinguare le casse ci basterebbe un’amichevole di grido, magari contro il Cervia, una sorta di big match tra ricchi e poveri. Lo vinceremmo di sicuro noi!”. La sfida è avviata, chi ama davvero il calcio la raccolga. Perché se Cristo si è fermato a Eboli, il pallone ancora no.

 

VINCENZO CITO

 

 

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